Vincent van Gogh dipinge Campo di grano con volo di corvi nel 1890: è una delle sue ultime opere e preannuncia il suicidio dell’Artista, avvenuto il 29 luglio di quello stesso anno. Nello stesso mese di luglio aveva scritto al fratello Theo: “Ho ancora dipinto tre grandi tele. Sono immense distese di grano sotto cieli tormentati, e non ho avuto difficoltà per cercare di esprimere la mia tristezza, l'estrema solitudine”.

 

VINCENT VAN GOH: Campo di grano con corvi - 1890 - Museo Van Gogh, Amsterdam

 

   L’opera, ed in generale l’arte di van Gogh, manifesta come la pittura del Nostro sia alla radice dell’Espressionismo nella sua capacità di imprimere con forza il proprio segno nella realtà, un segno che in van Gogh è segno dell’anima, della mente e del cuore. Il dipinto costituisce un esempio estremo di uso violentemente psicologico del segno e del colore.

 

 VINCENT VAN GOGH: Notte stellata - 1889 - Museum of Modern Art, New York 

 

 

   Van Gogh ha appreso pienamente dagli Impressionisti le indicazioni riguardanti la reciproca influenza dei colori e la capacità che posseggono segnatamente i colori complementari di esaltarsi reciprocamente accentuando al massimo la loro specifica luminosità. Questi rapporti, però, non lo interessano come riscontri visivi, bensì come rapporti di forze all’interno del quadro: sono forze di attrazione, ma anche di repulsione, e comunque sempre manifestano tensione. A motivo di tali rapporti e contrasti di forze l’immagine tende a distorcersi, a deformarsi, a lacerarsi: per l’accostamento stridente dei colori, per l’andamento spezzato dei contorni, per il ritmo serrato delle pennellate, che fanno del quadro un contesto serrato di segni animati  da una vitalità febbrile. La materia pittorica acquista un’esistenza autonoma, esasperata, quasi insopportabile: il quadro non rappresenta, è. Così in Campo di grano la scena, realizzata con autentico furore creativo, è composta da pennellate che seguono la direzione dei piani prospettici o si accavallano. Il campo di grano, tagliato da tre viottoli, appare scosso dal vento; uno stormo di corvi neri, resi con semplici linee zigzaganti, si leva in un basso volo scomposto. Una tempesta, quasi presaga di lutto, incombe su questo paesaggio, anticipata da nubi nere e minacciose. L’azzurro luminoso del cielo, l’oro lucente del grano, vinti dal colore scuro che li copre, stanno per soccombere, come l’artista che li dipinge, in un  ultimo, disperato appello di vita. 

 

VINCENT VAN GOGH: Iris blu -  1889 - J. Paul Getty Museum, Los Angeles

 

   Eppure non molto anni prima aveva scritto al fratello: “Per quanto vuota, vana e morta possa sembrare la vita però, chi ha fede, energia e calore umano, colui che sa qualcosa, non si lascia portare su una strada sbagliata per questo. Egli ci si butta e costruisce, in breve rompe, rovina” (Nuenen, ottobre 1884).188

 

 VINCENT VAN GOGH: Veduta di Arles in fiore - 1889 - Neue Pinakothek, Monaco

 

   I paesaggi di van Gogh, i fiori di van Gogh  sono la trasposizione simbolica di uno stato d’animo e di una situazione esistenziale, testimoniata, fra i tanti passi delle sue lettere, dalle parole scritte da Cuesmes al fratello Theo dieci anni prima: “Il mio tormento si riassume in questo interrogativo: a che potrei servire, come potrei essere utile in qualche modo, come potrei saperne di più e approfondire questa o quella cosa? Vedi, tutto questo mi tormenta continuamente e mi sento prigioniero, impotente a partecipare a tale o tal’altra opera. A causa di questo si diviene malinconici”.

 

 

 VINCENT VAN GOGH: Pietà  - 1890 -  Musei Vaticani

 

 

 

 

 

 Il 27 luglio 1890 van Gogh si sparò un colpo di pistola al petto. Visse ancora due giorni, durante i quali conversava con il fratello Theo accorso da lui. Ci piace pensare che in quelle ore, che possono essere state un tempo di grazia, sia continuata in lui quella dialettica che aveva attraversato tutta la sua vita e che lo aveva condotto a dire: “Se si continua ad amare sinceramente ciò che è veramente degno di essere amato, e non si spreca il proprio amore per delle cose insignificanti, vuote e sciocche, si riceverà poco a poco sempre maggior luce e si diventerà più forti” (Amsterdam, 3 aprile 1878). E qualche anno più tardi, non dimentico di quella scelta della sua gioventù che lo aveva condotto a condividere la vita durissima e misera dei minatori del Borinage, aveva messo a fuoco e puntualizzato: “il miglior modo per conoscere Dio è quello di amare molto. Ama il tale amico, la tale persona, la tale cosa, quel che vuoi e sarai sulla via del sapere, ecco ciò che mi ripeto. Ma occorre amare con simpatia seria e intima, con volontà, con intelligenza e bisogna sempre cercare di saperne di più o meglio – questo conduce a Dio, alla fede incrollabile” (Cuesmes, luglio 1880). Aveva così magistralmente interpretato il  "Dilige et  quod vis fac(In Io. Ep. tr. 7, 8) di sant'Agostino: "Ama e fa' ciò che vuoi, sia che tu taccia, taci per amore, sia che tu parli, parla per amore, sia che tu corregga, correggi per amore, sia che perdoni, perdona per amore; sia in te la radice dell'amore, poiché da questa radice non può procedere se non il bene". 

 

 

 

 

  VINCENT VAN GOGH: Mandorlo in fiore - 1890 -  Museo Van Gogh, Amsterdam

  

 

 Con preghiera di citare la fonte in caso di utilizzazione del testo per motivi di studio.  

Giovedì, 01 Gennaio 2015 17:02

Magritte ed il Witz o Motto di spirito

Il testo espone la personale e originale lettura critica di Adelaide Trabucco su René Magritte ed è tratto dalla sua tesi di Laurea in Storia della Critica d’Arte: “Magritte e il motto di spirito freudiano”, presso l’omonima cattedra tenuta dal professor Angelo Trimarco, presso l'Università di Salerno. Lo scritto è stato pubblicato sulla Rivista trimestrale d’arte contemporanea “Terzoocchio” -  anno X, dicembre 1984, n. 4 (33). Nella presente sede l'articolo è accompagnato da una ricerca iconografica di opere magrittiane sia famose sia meno note, ma  non meno singolari.

 

 

Magritte: La battaglia delle Argonne - 1959 - Collezione privata

MAGRITTE: Il Bouquet  - 1956 - Collezione privata

MAGRITTE: La corda sensibile - 1960 - Collezione privata

MAGRITTE: La chiave di vetro - 1959 - Manil Collection, Houstonx

MAGRITTE: Il plagio (II) - 1945 - Collezione privata

 

 

 MAGRITTE: Il seduttore - 1951 - Collezione privata

 

MAGRITTE: La condizione umana - 1935 - Collezione privata  

 

 

MAGRITTE: La voce del sangue - 1948 - Collezione privata

MAGRITTE: Il ritorno - 1940 - Museo Magritte, Bruxelles

MAGRITTE: La grande guerra - 1964 - Collezione privata

MAGRITTE: Il Castello dei Pirenei - 1951 - Museo d'Israele, Gerusalemme

MAGRITTE: L'elogio della dialettica - 1937 - National Gallery of Victoria, Melbourne

 


Con preghiera di citare la fonte in caso di utilizzazione del testo per motivi di studio. 

Presentiamo il commento critico sui mosaici creati da Marko Ivan Rupnik e da lui realizzati in collaborazione con il Centro Aletti nel 1996-1999 per la Cappella Redemptoris Mater nel Palazzo Apostolico in Vaticano.  Lo scritto, pubblicato sul settimanale "Agire" il 2 dicembre 2000, è accompagnato nella presente sede da un ampio corredo iconografico al fine di rendere partecipi i lettori di un capolavoro dell'arte contemporanea.

 

 

 

 

L'Annunciazione - Parete dell'Incarnazione del Verbo - (part.) - Cappella Redemptoris Mater

 

 Anastasis e Battesimo di Cristo, Parete dell'Incarnazione del Verbo  - (part.) - Cappella Redemptoris Mater

 

La Crocifissione - Parete dell'Incarnazione del Verbo - (part.) - Cappella Redemptoris Mater

                                                                                                                                     Giuda

                                                                                          Parete dell'Incarnazione del Verbo - (part.) - Cappella Redemptoris Mater
 



 Pentecoste, Ascensione  - Parete della divinizzazione dell'uomo - (part.) -  Cappella Redemptoris Mater

 

La Decollazione di san Paolo - Parete della divinizzazione dell'uomo - (part.) - Cappella Redemptoris Mater

                                                                                                                       Santa Edith Stein ad Auschwitz

                                                                           Parete della divinizzazione dell'uomo - (part.) - Cappella Redemptoris Mater

 

Mosè - Parete della Parousia - (part.) - Cappella Redemptoris Mater

La Parousia - Cappella Redemptoris Mater

Noè - Parete della Parousia  - (part.) - Cappella Redemptoris Mater

 Parete dell'Incarnazione del Verbo - Cappella Redemptoris Mater

 

 

Con preghiera di citare la fonte in caso di utilizzazione del testo per motivi di studio.   

 

Nella seconda metà degli anni '80 gli artisti Franco Cipriano, Luigi Pagano, Angelo Casciello, Luigi Vollaro, Gerardo Vangone si costituirono in un gruppo appellato "Officina di Scafati" e realizzarono un'esposizione a Scafati dal 23 dicembre 1986 al 6 gennaio 1987 nei vasti locali della Scuola "Tommaso Anardi".

Tratto dal Catalogo della mostra, proponiamo lo scritto critico Mnemosine che presenta gli artisti Angelo Casciello, Luigi Pagano, Franco Cipriano, corredandolo con le fotografie di alcune ultime loro opere.

La firma della presentazione reca anche il cognome "Messina" come omaggio da parte dell'Autrice alla Madre, la professoressa Messina, vedova dell'artista Erminio Trabucco.

 

 

 

 ANGELO CASCIELLO - dalla mostra "Il tempio dei segni" - Benevento, 2013

 

 

 

LUIGI PAGANO - anno 1987 - pastelli oleosi su carta

 

 

 FRANCO CIPRIANO: Dimentico, di dove? - 2000

 

Con preghiera di citare la fonte in caso di utilizzazione del testo per motivi di studio.  

Sabato, 13 Dicembre 2014 17:48

La Vergine Kyriotissa o Maria in trono

 

 

All'Anno Mariano Diocesano celebrato nella Diocesi di Salerno-Campagna-Acerno nel 1996 risalgono una serie di ricerche svolte da Adelaide Trabucco sull'iconografia mariana. L’articolo presentato su “Agire” (sabato, 30 giugno 1996) riguarda l'iconografia di Maria in trono e viene in questa sede arricchito da uno studio iconografico che pone in evidenza come siano numerose e varie le creazioni iconografiche sia in Oriente sia in Occidente noncéè gli appellativi rivolti a sottolineare la regalità della Beata Vergine Maria: Vergine della Maestà,  Maria in trono,  Vergine Kyriotissa,  Maria Regina.

 

 

 

FRANCESCO d'ANTONIO ZACCHI detto IL BALLETTA: Madonna in trono tra san Giovanni Battista e il Cristo Eucaristico

XV sec. - S. Maria Nuova, Viterbo

 

1312-GIOVANNI BELLINI: Madonna in trono detta Madonna di Brera - 1510 - Pinacoteca di Brera, Milano 

 

Kyriotissa - icona cretese - XV-XVI sec.

 

 

 Con preghiera di citare la fonte in caso di utilizzazione del testo per motivi di studio.

 

ANNIBALE OSTE: Ulisse - 1981 - marmo, resina, fibra di vetro - 290 x 85 x 54 cm - Collezione privata

 

 

 

 

 ANNIBALE OSTE: Studio per Ulisse - acquerello - Collezione Mattea Messina Trabucco 

 

Proponiamo di seguito il commento critico di Adelaide Trabucco dedicato allo scultore napoletano Annibale Oste  (1942-2010) il quale tra il 1978 ed 1980 dedica la sua riflessione creativa allo spazio in quanto causa ed occasione di accadimenti che con esso interagiscono, come l'aria ed il vento. Lo scritto viene pubblicato nel 1981 sulla rivista trimestrale di arte contemporanea "lapis/arte" (n.° 4, dicembre 1981, anno II, pgg.10-12).
La firma dell'articolo presenta anche il cognome "Messina" come omaggio da parte dell'Autrice alla Madre, la professoressa Messina, vedova dell'artista Erminio Trabucco.

 

 

 

 

 

Viteliú. Il nome della libertà: il romanzo storico di Nicola Mastronardi

di Adelaide Trabucco

 

 

 

 

 

Il romanzo storico di Mastronardi sui Sanniti, Viteliú. Il nome della libertà, colma un colossale vuoto culturale denunciato dall’archeologo Salmon, il quale nel suo fondamentale Samnium and the Samnites scrive riguardo al suddetto popolo: «Furono fatti scomparire, dispersi e assorbiti nell’avvolgente diluvio latino […] ma l’ammirazione per l’umano coraggio e la costanza rimane, e non vi è luogo in cui sia espressa più eloquentemente che nelle parole del più patriottico degli storici romani: “Non fuggivano la guerra, ed erano così lontani dallo stancarsi di una difesa anche senza successo della loro libertà, che preferivano essere conquistati piuttosto che rinunciare a sforzarsi di vincere” (Livio X 31.14)»[1].

   Il lavoro letterario di Nicola Mastronardi è un romanzo condotto con grande passione storica e archeologica, un affresco dall’ampio respiro epico che possiede anche un sottotesto accurato e ricco di rimandi pregnanti di tematiche significative. Sono plurimi i livelli di lettura e di interpretazione del testo, perché sono plurimi i fili rossi che si snodano paralleli e percorrono il libro, separando e poi ricollegando il tema del coraggio, dell’amore, dell’amicizia, dell’onore, dell’eroismo, dell’assunzione di responsabilità in quanto individuo e in quanto appartenente a un popolo sul punto di scomparire sommerso nell’ “avvolgente diluvio latino”. 

 

   Il giovane Marzio è ignaro di essere sannita da parte di padre e, da parte di madre, marso, come indica il suo nome, discendente quindi sia degli indomiti Safini sia di quei guerrieri italici il cui nome proveniva dal dio della guerra Marte, nell’idioma marso Mars o Mors - gli stessi sui quali lo storico Appiano di Alessandria riporterà il proverbio romano: Nec sine Marsis nec contra Marsos triumphari posse".

   Marzio,appena uscito dall’adolescenza, intraprende un viaggio che, prima ancora di essere rinvenimento della propria identità etnica, culturale e religiosa, è scoperta della propria identità personale. e della propria identità virile.

   Uno dei temi più significativi e universali presenti nel testo, difatti, è il passaggio dall’età adolescenziale all’età adulta, che pone il romanzo in rapporto critico e riflessivo con altri scritti i quali trattano in maniera esplicita o velata l’analogo tema.  Nondimeno, più che la dimensione metatestuale del libro, a noi preme in questa sede sottolineare l’attualità di tale argomento nella nostra epoca la quale da alcuni decenni sembra patire la sindrome che lo psicologo junghiano  Daniel Kiley  denomina “sindrome di Peter Pan” nel suo omonimo best seller., collegandosi al romanzo di James Matthew Barrie Peter and Wendy.  In Viteliú. Il nome della libertà il giovane Marzio è ben lontano dal  puer aeternus. Egli è un modello propositivo poiché accoglie la spinta al cambiamento e alla crescita, per quanto dolorosi potranno rivelarsi, rinunciando  a valori, convinzioni e atteggiamenti dell'età precedente per assumerne di nuovi e accettando la dimensione della rinuncia in quanto condizione necessaria per la maturazione.

   Nel rito di passaggio, il primo stadio è la separazione di Marzio dal contesto familiare e sociale in cui ha sempre vissuto. Il secondo stadio comporta la transizione, ovvero l’attraversamento e il superamento della prova, costituita non dalla singola prova rituale  ma dall’intero viaggio costellato da difficoltà, sofferenze e pericoli. Il terzo stadio vede la reintegrazione nella sua esistenza con un nuovo stato, che vedrà riunite le identità sannita e romana.

   In Viteliú (pronuncia in italiano: "Viteliu")  il processo di passaggio all’età adulta ha come mentore il nonno paterno Gavio Papio Mutilo, il quale per il nipote costruisce il legame fra identità e memoria.

 

Denario sannita in argento del Bellum Sociale con legenda sul rectus MVTIL EMBRATVR in caratteri oschi,sul versus un toro nell’atto di abbattere una lupa, in exergo [C] PAAPI in caratteri oschi.

 

   La figura dell’Embratur, il capo supremo delle forze sannite, viene delineata con somma maestria da Nicola Mastronardi che ne descrive il valore, la saggezza, il peso dell’immenso dolore e amore che nutre per il suo popolo. L’anziano Embratur indica a Marzio i nomi di tutte le famiglie dell’Alto Sannio, ne ricorda le vicende, le imprese eroiche, perfino i soprannomi, oltre a menzionare gli appellativi delle valli, delle foreste, dei fiumi, dei santuari e degli dei sanniti. Alle persone, alla natura, alle divinità viene restituita la vita e l’identità grazie alla memoria.

   Gavio è storicamente quel Gaio o Caio Papio Mutilo comandante nel Bellum Italicum delle forze sannite in Campania e nel Sannio, unico tra i confederati ad assumere il titolo di embratur, “imperatore” nella lingua osca, dopo le vittorie del 90 a. C. Il suo nome si trova come C.PAAPI.MVTIL, o C.MVTIL, o MVTIL EMBRATVR in tanti denari d’argento coniati, quando si costituì la Confederazione Italica, dalla zecca di Corfinium Italica tra il 90 e l’89, in segno di sfida all’autorità romana e  come dichiarazione del progetto di uno stato rivale in Italia, nonché per sostenere le ingenti spese militari: su di essi si trova la legenda "ITALIA" in latino o "VITELIV" in osco.

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Denario in argento del Bellum Sociale,versus,Il giuramento dei Cinfederati della Lega Italica con gli otto popoli insorti

   Ad accrescere il carisma sapienziale di Gavio Papio Mutilo, nel testo egli è rappresentato come cieco a causa degli eventi bellici. Il paradosso del maestro cieco che apre la via e conduce alla meta è un paradosso apparente perché dall’antichità esiste l’idea che la perdita della  vista fisica è compensata dal possesso di una vista interiore che consente al saggio di vedere il dritto, il rovescio e il risvolto. Dai primordi vi è la certezza che collega la privazione di una facoltà vitale come la vista al godimento di vari poteri spirituali e soprannaturali. Tiresia è condannato da Atena alla cecità, ma gli viene accordato il dono della divinazione. Omero, poeta eccelso, viene descritto quale cantore cieco. 

 

 

 

 

   Gavio Papio Mutilo, privato della vista, è senz’altro figura del veggente cieco. È colui che non vedendo con gli occhi dei sensi, ha sviluppato una vista interiore che gli consente di vedere e leggere la realtà più e meglio degli altri. Gli permette di interpretare meglio le vicende passate. E, poiché dalla profondità e ramificazioni delle radici dell’albero dipende l’altezza del suo fusto e l’ampiezza della sua chioma, la stessa vista interiore di conseguenza gli permette di vedere il futuro.

   È lui a scorgere la via che il nipote Marzio, ignaro delle sue radici, deve percorrere per ritrovare la propria identità offuscata dalla sua dorata posizione romana. Una  identità che  coincide con il riscatto del suo popolo dalla condizione di nascondimento in cui versa, sconfitto ma non domato da quella Roma che gli italici chiamano la Lupa, volendo significare la famelica lupa che vuole cibarsi della libertà dei popoli italici.

   È il valoroso Embratur cieco a vedere il percorso che la sua gente ed i vari popoli italici dovranno compiere per conquistare un posto inter pares nella penisola, né contro Roma né sottoposti a Roma. Ecco allora affiorare nel testo e delinearsi in modo sempre più nitido, accanto al tema della guerra, il tema del dialogo e della pace. È proprio Gavio Papio Mutilo, il Capo supremo delle forze sannite ad affermare: “Gli innovatori devono armarsi non di spada, ma di pazienza e di immensa fede nelle loro idee. […] Un uomo ispirato […] non prenderà le armi, ma userà la parola e qualsiasi mezzo fuorché la violenza per vincere”[2]. Difatti: “La violenza è come un drago che soffia il suo fuoco contro uno specchio di metallo. Esso torna indietro e brucia chi l’ha utilizzata”[3]. Per l’Embratur sannita “in un solo caso combattere diventa necessario: quando ad essere attaccate sono la tua famiglia, la tua terra e la tua stessa vita”[4].

   Gavio Papio dirà al nipote:   “Ho imparato a leggere i segni dei tempi […] è ora di guardare al futuro con occhi nuovi. Non più guerra, ma unione delle forze e dei destini tra Viteliu e Roma. Sta già accadendo, e i superstiti del popolo da cui tutto ha avuto inizio non devono rimanerne fuori. Anche perché sono stati proprio i Safinos a pagare di gran lunga il prezzo più caro rischiando la scomparsa totale”[5].

   La moneta detta “Moneta della riconciliazione” coniata nel 69 a. C. reca sul rectus i profili affiancati di Honor (HO) e Virtus (VI), sul versus le personificazioni dell’Italia (ITAL) e di Roma (RO) che si stringono la mano.                                                       

                                                          

                                                                                                     

Denaro in argento detto Moneta della riconciliazione, 69 a. C.,sul rectus i profili affiancati di Honor (HO) e Virtus (VI), sul versus le personificazioni dell'Italia (ITAL) e di Roma (RO) che si stringono la mano

 

 

   La meta indicata dall’Embratur, a noi sembra, per conquistare un posto inter pares è la Pax Opus Justitiae. Non la Pax romana, quella che alla fine del I secolo a. C. per esaltare il divo Cesare Ottaviano Augusto – e, con lui, la stessa Roma - verrà sotto il profilo artistico mirabilmente celebrata attraverso i rilievi neoattici dall’Ara Pacis Augustae. La Pax romana è imposta con le armi, è una pace che i popoli dominati mal tolleravano, pronti a ribellarsi non appena si presentava l’occasione di affrancarsi dal giogo nemico per riconquistare la libertà. Alla base si trova il misconoscimento del rapporto di natura etica e consequenziale intercorrente tra pace e giustizia, tra diritto e sicurezza. "Et erit opus justutiae pax et cultus justitiae silentium et securitas usque in sempiternum"[6], aveva scritto il profeta Isaia nell’VIII secolo a. C.: la pace è frutto della giustizia e non può scaturire dalla concussione  dei diritti della persona, primo tra i quali è il diritto alla libertà. Precisamente, Viteliú. Il nome della libertà.



   [1]  EDWARD TOGO SALMON, Samnium and the Samnites, Cambridge 1967, trad. it., Il Sannio e i Sanniti, Torino 1995, pp. 421-422 ;  cfr. ADRIANO  LA REGINA, Dalle guerre sannitiche alla romanizzazione, in AA. VV., “Sannio, Pentri e Frentani dal VI al I sec. a. C., Catalogo della Mostra, Roma 1980, pp. 29-42; ADRIANO LA REGINA, I Sanniti, in G. Pugliese Carratelli (ed.), Italia omnium terrarum parens, Libri Scheiwiller, Milano 1989; AA. VV., Antiche genti d’Italia ( cat. ), Roma 1994 e 1995.                                                                                                                                                                                                                                    

                                                                                                                                                                                                                                                        

   [2]  NICOLA MASTRONARDI, Viteliú. Il nome della libertà, Itaca 2012, p. 276.

   [3] NICOLA MASTRONARDI, op. cit., p. 276.

   [4] NICOLA MASTRONARDI, op. cit., p. 202.

   [5]  NICOLA MASTRONARDI, op. cit, p.368.

   [6]  IS 32, 17.

 

 

Con preghiera di citare la fonte in caso di utilizzazione del testo per motivi di studio. 

 

 

 

 

Venerdì, 27 Dicembre 2013 18:52

Antonio Mascia della Terra delle Chiavi

 
Ci è gradito riportare le ultime pagine del nostro libro "Memorie artistiche  e storiche di Chiauci e delle sue Chiese", dedicate all'arte di Antonio Mascia, discendente di una delle famiglie incontrate più volte nel corso della ricerca presso l'Archivio parrocchiale di S. Giovanni Apostolo ed Evangelista, riguardante la Terra delle Chiavi  - tale era per esteso il nome originario di Chiauci, nell'Alto Molise.
   In questa sede presentiamo come immagine di copertina del presente articolo uno dei lavori  più fantasiosi ed immaginifici prodotti dalla creatività di Antonio Mascia, il  Chronicon Novalicense, eseguito su tela con la penna a biro ed i colori acrilici (cm 100 x 70), realizzato per il XX Palio di Susa nel 2006 ed attualmente nella collezione del Comune di Susa TO. L'opera in questione è stata commissionata ad Antonio Mascia ed ha come tema il celebre manoscritto millennario, che narra tra realtà, mito e fantasia le cronache medioevali trascritte da un monaco dell'abbazia di Novalesa. La pergamena originale è conservata presso l'Archivio di Stato di Torino. 

 

 
 
 
 Con preghiera di citare la fonte in caso di utilizzazione del testo per motivi di studio.
Giovedì, 26 Dicembre 2013 19:00

Maria nella Visitazione

 

 

Viene proposto, arricchito da un mirato corredo iconografico, un articolo pubblicato su "Agire" (15 giugno 1996) riguardante Maria nella Visitazione. Difatti in occasione dell'Anno Mariano Diocesano celebrato nella Diocesi di Salerno-Campagna-Acerno nel 1996, Adelaide Trabucco svolge degli studi sull’iconografia mariana.    

   L'Autrice rileva come le invenzioni iconografiche siano numerose e diversificate sia nell'Oriente sia nell'Occidente, e che ognuna di esse evidenzi un determinato aspetto teologico della visita della Beata Vergine Maria  - la quale ha già nel grembo il Signore Gesù - all'anziana cugina Elisabetta che, in età avanzata, attendeva colui che sarebbe stato Giovanni Battista il Precursore. "L'amore di Dio quando regna nel cuore non resta mai ozioso, muove sempre l'animo al bene del prossimo senza avere rispetto alle proprie inquietudini, poichè l'amore di Dio e quello del prossimo è uno stesso amore, il quale ora si rivolge alla causa ed ora agli effetti, ora al Creatore ora alle creature" (Bartolo Longo, I quindici sabati del Santo Rosario. Commento al Mistero della Visitazione).        

   Il Vangelo riporta che il Battista al saluto della Madre di Dio sussulta  e gioisce nel seno materno. Parimenti sant'Elisabetta chiede a Maria: "A che debbo che la madre del mio Signore venga a me?", riconoscendo pubblicamente per prima che Gesù è il Sgnore. Un'antica iconografia orientale mostra i due bambini nel seno delle madri e ritrae  il piccolo Giovanni in atteggiamento di adorazione nell' incontrare Gesù. Scriveva  il card. Pierre de Bérulle, la cui devozione mariana giunse, nell'eta della Controriforma, fino all'offerta della servitù verso Gesù e Maria: "Dio è diventato un bambino, e così lui vuole essere conosciuto e adorato per primo da un bambino... Così il Bambino-Dio è riconosciuto e si manifesta, non da un angelo, ma da un bambino. Così il suo primo profeta è un bambino, proprio come poco dopo i suoi primi martiri saranno i bambini".

 

                                            

                                                    Visitazione - sec. XIV - affresco - Chiesa della Santa Croce, Pelendri, Cipro 


  L'evento della Visitazione in Oriente è chiamato "Aspasmòs", l'Abbraccio: personalmente osserviamo che esso riprende l'incontro e l'abbraccio occorsi nell'Annunciazione fra Dio Uno e Trino e la Vergine, tra la Persona divina e la persona umana.  André Grabar sottolinea l'originario valore teofanico dell'immagine della Visitazione. Nelle biografie illustrate dei Re giudaici, le "Illustrazioni del Libro dei Re", era importante evocare non soltanto la nascita, ma anche il concepimente di un importante personaggio.
  Così canta il poeta san Giacomo di Sarug (V-VI sec.): "Si videro la giovinetta e la vecchia, come si dice, il mattino e la sera per baciarsi si incontrarono. Maria è il mattino e il Sole di giustizia porta; Elisabetta è invece la sera che la stella della luce porta. E venne il Mattino e salutò la sera sua compagna, e la sera si commosse al vedersi baciare dal mattino".

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

IGNOTO: La Visitazione  - sec.XIII - arte romanica catalana - Museo Episcopale, Vic


 

 

Con preghiera di citare la fonte in caso di utilizzazione del testo per motivi di studio.

 

 

 

 

 

 

Domenica, 23 Giugno 2013 09:41

Rosamilia

Proponiamo la presentazione scritta per Nando Rosamilia in occasione della sua prima mostra personale tenutasi a Cava, presso lo Studio Grandangolo, il 9 marzo 1985.

 

 

 

 

Con preghiera di citare la fonte in caso di utilizzazione del testo per motivi di studio.

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Il bacio della Madre nella "Risurre…

Lo studio sulla Risurrezione di Lazzaro, dipinta dal Caravaggio, é stato pubblicato nel 1997 sulla rivista Scienza e Sapienza, edita dall'Università di Salerno.    Adelaide Trabucco vi  scopre il legame, sotterraneo...

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Memorie storiche e artistiche di Chiauci…

Il libro di Adelaide Trabucco è frutto di prolungate e scrupolose ricerche condotte nell’Archivio Parrocchiale della Chiesa S. Giovanni Evangelista del borgo medievale fortificato di Chiauci, in Molise...

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La Madonna del serpe, ovvero l'Immaculat…

Lo studio sull'opera Madonna del serpe o Madonna dei Palafrenieri di sant'Anna del Caravaggio è stato pubblicato nel 1996 sulla rivista Scienza e Sapienza edita dall'Università degli Studi di Salerno...

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Icona di San Michele Arcangelo

  <<Desideriamo proporre un'iconografia di san Michele Arcangelo poco conosciuta in Occidente, ma molto diffusa in area bizantina: san  Michele Arcangelo il Liturgo, rappresentato  nell'atto di  tributare il dovuto culto di...

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Madonna della Misericordia, Madre di Dio…

Giovanni Antonio da Pesaro, pittore per sensibilità e formazione vicino a Gentile da Fabriano, dipinge una rara effigie che coniuga l’iconografia della Madonna del Mantello o Madonna della Misericordia con...

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Vincent van Gogh e il "Dilige et qu…

    Vincent van Gogh dipinge Campo di grano con volo di corvi nel 1890: è una delle sue ultime opere e preannuncia il suicidio dell’Artista, avvenuto il 29 luglio di quello...

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Magritte ed il Witz o Motto di spirito

Il testo espone la personale e originale lettura critica di Adelaide Trabucco su René Magritte ed è tratto dalla sua tesi di Laurea in Storia della Critica d’Arte: “Magritte e...

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I mosaici della Redemptoris Mater di Mar…

Presentiamo il commento critico sui mosaici creati da Marko Ivan Rupnik e da lui realizzati in collaborazione con il Centro Aletti nel 1996-1999 per la Cappella Redemptoris Mater nel Palazzo...

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La Vergine Kyriotissa o Maria in trono

    All'Anno Mariano Diocesano celebrato nella Diocesi di Salerno-Campagna-Acerno nel 1996 risalgono una serie di ricerche svolte da Adelaide Trabucco sull'iconografia mariana. L’articolo presentato su “Agire” (sabato, 30 giugno 1996) riguarda...

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Adelaide Trabucco: L'Ulisse di Annibale …

  ANNIBALE OSTE: Ulisse - 1981 - marmo, resina, fibra di vetro - 290 x 85 x 54 cm - Collezione privata          ANNIBALE OSTE: Studio per Ulisse - acquerello - Collezione Mattea Messina Trabucco ...

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VITELIU. IL NOME DELLA LIBERTA': l'epope…

Viteliú. Il nome della libertà: il romanzo storico di Nicola Mastronardi di Adelaide Trabucco           Il romanzo storico di Mastronardi sui Sanniti, Viteliú. Il nome della libertà, colma un colossale vuoto culturale denunciato...

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Antonio Mascia della Terra delle Chiavi

  Ci è gradito riportare le ultime pagine del nostro libro "Memorie artistiche  e storiche di Chiauci e delle sue Chiese", dedicate all'arte di Antonio Mascia, discendente di una delle famiglie...

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Maria nella Visitazione

    Viene proposto, arricchito da un mirato corredo iconografico, un articolo pubblicato su "Agire" (15 giugno 1996) riguardante Maria nella Visitazione. Difatti in occasione dell'Anno Mariano Diocesano celebrato nella Diocesi di...

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Rosamilia

Proponiamo la presentazione scritta per Nando Rosamilia in occasione della sua prima mostra personale tenutasi a Cava, presso lo Studio Grandangolo, il 9 marzo 1985.         Con preghiera di citare...

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Maria nella Pentecoste

La discesa dello Spirito Santo è il fine ultimo dell'attività soterica trinitaria, come affermavano già i Padri della Chiesa. Nel De Incarnatione Verbi scrive sant’Atanasio di Alessandria, formidabile difensore della...

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Agnone e la Fonderia Marinelli: "L…

Il giormo 11 aprile 2013 , promosso da Adelaide Trabucco, è stato presentato al Circolo Canottieri Irno di Salerno il libro di Gioconda Marinelli L'uomo che fondeva le campane, accompagnato...

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Malinconia ed esaltazione nell'arte di M…

Lo scritto che andiamo a proporre è la nostra presentazione della mostra che l'Amministrazione Comununale di Sant'Angelo Le Fratte dedicò nell'agosto del 1998  all'artista Pier Francesco Mastroberti, allestendo a Palazzo...

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L'iconografia del Crocifisso nel tempo: …

    Codice Vaticano Latino 5729. Risonanze teologiche di una proposta didattica   di Adelaide Trabucco           Il professor Vincenzo Avagliano, docente di scultura presso il Liceo Artistico “Andrea Sabatini” di Salerno diretto dal Preside Michele...

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'HUMANET': Pier Francesco Mastroberti

Una interessante mostra delle opere di Pier Francesco Mastroberti si è tenuta il 18 gennaio nella sede del Circolo Lucano "Giustino Fortunato" a Salerno.   Come ho avuto occasione di rilevare...

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La Madonna della Misericordia o del Mant…

All'Anno Mariano Diocesano celebrato nella Diocesi di Salernoio-Campagna-Acerno nel 1996 risalgono una serie di ricerche svolte da Adelaide Trabucco sull'iconografia mariana. L’articolo presentato su “Agire” (sabato, 22 giugno 1996) viene...

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L'iconografia rosariana e la Madonna del…

    Il quadro della Beata Vergine del Santo Rosario di Pompei e Serafini, dipinto da Adelaide Trabucco nel 2007, è stato un atto di devozione per una grazia ricevuta attraverso la...

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Mirella Monaco

  L’articolo, pubblicato sul settimanale “Agire” (7 gennaio 1989), riporta la presentazione della  prima mostra personale dell’artista Mirella Monaco che si tenne  dal 7 al 18 gennaio 1989 nella Chiesa di...

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Maria nell'Ascensione

 La diocesi di Salerno-Campagna-Acerno indice nel 1996 l’Anno Mariano Diocesano.    Adelaide Trabucco approfondisce il tema mariologico all’interno delle creazioni artistico e rileva come le invenzioni iconografiche siano numerose e diversificate...

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Il procedere della Resurrectio in Avagli…

Proponiamo la presentazione della scultura Resurrectio di Vincenzo Avagliano, che  ha avuto luogo nella cerimonia di inaugurazione  avvenuta il 14 maggio 2011 a  Castel San Giorgio. L'opera è stata posta...

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Mnemosine: Angelo Casciello, Franco Cipr…

Nella seconda metà degli anni '80 gli artisti Franco Cipriano, Luigi Pagano, Angelo Casciello, Luigi Vollaro, Gerardo Vangone si costituirono in un gruppo appellato "Officina di Scafati" e realizzarono un'esposizione...

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'Diverse abilità': Il comunicare attrave…

 "Comunicare attraverso l'arte" è la chiave interpretativa attraverso la quale Adelaide Trabucco ha presentato i dipinti di Arnaldo Prete e Francesco Zona, due studenti del Liceo Artistico "Andrea Sabatini" di Salerno. La loro...

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La Madre di Dio della Tenerezza o di Vla…

L'icona della Madre di Dio della Tenerezza è stata scritta da Adelaide Trabucco nel 2005 per la ristrutturazione della Chiesa dedicata a Maria SS. del Carmine e San Giovanni Bosco...

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La Madonna del giardino

All'Anno Mariano Diocesano celebrato nella Diocesi di Salerno-Campagna-Acerno nel 1996 risalgono una serie di ricerche svolte da Adelaide Trabucco sull'iconografia mariana. Qui viene presentato, arricchito da un selezionato corredo iconografico...

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La poetica degli Alfabeti in Nanni Varal…

L’articolo pubblicato su Le Arti.news (n. 2-3, Marzo-Aprile/Maggio-Giugno 1984, Anno III) riguarda la mostra “Alfabeti” che presentava le opere di alcuni artisti iai quali Adelaide Trabucco rivolge la sua attenzione – Binga...

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La 'purificazione della memoria' nel Pad…

Proponiamo lo scritto del catalogo per la scultura dedicata a san Pio da Pietrelcina realizzata nel 2001 da Pier Francesco Mastroberti, medico e artista a tuttotondo, per gli Ospedali Riuniti...

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L'icona della Madre di Dio di Vladimir

L'articolo, pubblicato sul settimanale Agire nel 1995 (24 febbraio) studia la Madre di Dio di Vladimir, icona celeberrima per la sua bellezza e per la sua intensità espressiva.     Con preghiera di...

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L'Annunciazione

In occasione della memoria liturgica dell'Annunciazione, Adelaide Trabucco scrive un articolo, pubblicato sul settimanale "Agire" (23 marzo 1996) e qui riproposto accompagnato dalle immagini. Lo scritto prende in esame alcune...

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