Proponiamo il commento critico di Adelaide Trabucco dedicato allo scultore napoletano Annibale Oste il quale tra il 1978 ed 1980 dedica la sua riflessione creativa allo spazio in quanto causa ed occasione di accadimenti che con esso interagiscono, come l'aria ed il vento. Lo scritto viene pubblicato nel 1981 sulla rivista trimestrale di arte contemporanea "lapis/arte" (n.° 4, dicembre 1981, anno II, pgg.10-12).
La firma dell'articolo presenta anche il cognome "Messina" come omaggio da parte dell'Autrice alla Madre, la professoressa Messina, vedova dell'artista Erminio Trabucco.
Con preghiera di citare la fonte in caso di utilizzazione del testo per motivi di studio.
Una interessante mostra delle opere di Pier Francesco Mastroberti si è tenuta il 18 gennaio nella sede del Circolo Lucano "Giustino Fortunato" a Salerno.
Come ho avuto occasione di rilevare nel presentare in quella sede l’esposizione, Mastroberti è autore di elevato livello artistico, versatile ma schivo e riservato che dalle sculture in bronzo o terracotta, di formato minimale o di formato monumentale, ai Presepi in garza e gesso, ai pastelli, agli olî, alle caricature, manifesta sempre con garbo, ironia e profondità la sua acuta sensibilità e intelligenza in una produzione che, per diversità e varietà, è una sorta di mare magnum.
PIER FRANCESCO MASTROBERTI: Sant’Angelo Le Fratte – pastello a olio - 1988
Proponendo un filo rosso interpretativo che corre tra le varie opere, ci piace segnalare la scultura Humanet, in rete di metallo e gesso che già nel materiale della sua composizione rivela come l'Autore segnali il pericolo di una condizione generale nella quale il principio dominante è la rete, internet, dall'enorme capacità comunicativa costituita da una immensa regnatela fondata da migliaia di reti di computer sparse in tutto il mondo e collegate tra loro con le quali possiamo metterci in contatto. Probabilmente proprio la suddetta incommensurabile portata comunicativa che consente la relazione con ogni persona del pianeta ha fagocitato le energie, gli interessi, le attività dei soggetti fino a sostituirsi troppe volte alla vita reale.
PIER FRANCESCO MASTROBERTI: Humanet – rete metallica e gesso – 2008
Ecco allora il senso di Humanet che presenta l'umanità, un uomo e una donna, non soltanto soggetti alla stilizzazione artistica, ma addirittura a un processo di rarefazione che vede la scomparsa della struttura squisitamente umana delle ossa, dei muscoli, delle vene, della pelle e della conseguente definizione formale immediatamente riconoscibile del corpo umano. Al suo posto, la rete di 'computeriana' memoria avvolge e informa le persone, lasciando intuire la loro originaria dimensione. Della loro umanità sembra voler parlare il colore rosa cangiante che in tonalità a volte accese fino al violaceo, a volte delicatamente pastello, evoca la delicatezza della pelle, la tenerezza del corpo, il nascosto fluire del sangue.
Humanet è stato realizzato da Mastroberti nel 2008, ma già quattro anni prima il Nostro aveva creato la scultura Cavallo, un tema a lui molto caro al quale ha dedicato da sempre disegni e sculture in cui veniva alla luce la vitalità e l'aristocrazia dell'animale, sia che lo rappresentasse fermo, o in movimento, o durante il corteggiamento.L'opera, anch'essa in rete di metallo e gesso, sembrava preannunciare il pericolo di una progressiva perdita della vitalità specifica degli esseri della Creazione.
PIER FRANCESCO MASTROBExRTI: Cavallo – rete metallica e gesso - 2004
Benchè nella scultura sia ancora pienamente riconoscibile il soggetto-cavallo, l'opera unisce l'espressività della rarefazione che investe la struttura ossea e corporea, con la positura del corpo dell'animale, fortemente significante nella lunga curva che partendo dal dorso, continua nel collo e nella testa piegandosi senza energia in direzione della terra, dando luogo ad un'opera d'arte dalla valenza significativa pienamente comunicativa.
Non diversamente, come ebbi a scrivere, “la pennellata fluida e sicura del nostro Autore dà vita ai Vecchi, avvolti in ampi e informi pastrani, quasi a mimetizzarsi e difendersi di fronte agli insulti del tempo e dell’esistenza. Amaramente curvi e rassegnati, o da soli seduti su una panchina, o serrati gli uni agli altri a cercare conforto nella comune sorte, invocano muti e con pudore uno sfiorare lieve di parola che rompa l’incantata prigione dei ricordi.
PIER FRANCESCO MASTROBERTI: Vecchi – olio su tela - 1990
La valenza evocativa dei Vecchi di Mastroberti è accentuata dai colori che l’Autore sceglie per rappresentarli: i bruni sordi, le ocre, i verdi terrosi” (Adelaide Trabucco, Presentazione dei dipinti e delle sculture di Pier Francesco Mastroberti, 1998). È la silente e intensa denuncia che riguarda la condizione di solitudine e fragilità di una fase vitale particolarmente soggetta al misconoscimento della sua ricchezza esperienziale che diventa sapienziale.
PIER FRANCESCO MASTROBERTI: Presepe. Pulcinella acquaiolo – garza e gesso - 2008
Una sapienza nascosta che traspare anche nella figura di Pulcinella, alla quale dedica tante sculture che immediatamente attraggono per la popolarità della maschera napoletana la quale rivela però nell’interpretazione di Mastroberti una drammaticità che riscatta e supera l’originario carattere rinunciatario e disfattista del personaggio teatrale napoletano e trattiene l’interesse dell’osservatore su un soggetto troppo famoso per non rischiare di essere 'bruciato'. “Le braccia chiuse al petto, le mani nascoste nelle larghe maniche a sottrarre alla vista il loro spasmodico contrarsi, il dorso incurvato a difendere il segreto delle ferite non dette. La celebre maschera nera, dal naso adunco di uccello rapace, diventa protezione e difesa di chi si cela per non essere ancora colpito, mentre la bocca rimane aperta nel grido e nel sorriso della pena, rifiutata e accolta” (Adelaide Trabucco, Ivi).
Non sembri irriverente l’accostamento, ma quel grido fa affiorare alla mente di chi scrive la sensibilità dell’Autore verso il tema del Crocifisso, interpretato svariate volte secondo iconografie diverse, ma sempre personali, tese a esprimere differenti momenti topici della Passio. L’interpretazione senz’altro più drammatica realizzata da Mastroberti si ispira all’iconografia del Christus Dolorosus e vede il Figlio di Dio volgere il capo verso l’alto e gridare a voce urlata al Padre la sua domanda di senso e di soccorso. Un grido che è urlo e pianto, invocazione e denuncia per le ferite e le sopraffazioni, i tradimenti e le delusioni.
PIER FRANCESCO MASTROBERTI: Il grido - bronzo – 1999
Un grido che è sempre forma nascosta della Caritas, del Figlio di Dio che se avesse voluto sarebbe potuto scendere dalla croce, ma che ha liberamente accettato di morire sentendosi abbandonato da tutti, perfino dal Padre, perché “Colui che non aveva conosciuto peccato, Dio lo trattò da peccato in nostro favore” (2 Cor 5, 21).
Salerno, 2013
Con preghiera di citare la fonte in caso di utilizzazione del testo per motivi di studio.
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