Domenica, 12 Giugno 2011 18:18

Il procedere della Resurrectio in Avagliano

Proponiamo la presentazione della scultura Resurrectio di Vincenzo Avagliano, che  ha avuto luogo nella cerimonia di inaugurazione  avvenuta il 14 maggio 2011 a  Castel San Giorgio. L'opera è stata posta su un bastione del sagrato che collega la Chiesa parrocchiale di S. Maria delle Grazie e la chiesa settecentesca di Maria SS. Immacolata curata dell'omonima Arciconfraternita.

 

 

 

Vincenzo Avagliano e il procedere della Resurrectio

 

 di Adelaide Trabucco

 

 

Non sono frequenti le opere in scultura che hanno come tema la Risurrezione. Tra gli scultori che  si sono cimentati con il suddetto soggetto ricordiamo Francesco Messina: nella Risurrezione di San Giovanni Rotondo rappresenta Cristo il quale nel mantello  che gli fa corona porta con sé il vibrare tempestoso dell’evento. Ancora, Pericle Fazzini nella Risurrezione della Sala Nervi, la Sala delle Udienze in Vaticano, Cristo si eleva risorgendo da un foltissimo intrico di forme semiastratte che vogliono significare l’Orto del Geetsemani.    

   Come mai è così poco frequente tale argomento in scultura? La Risurrezione è un tema che sotto il profilo artistico richiede l’espressione della dinamica, per quanto oggettivamente impenetrabile essa sia, legata all’evento del passaggio dalla morte alla vita: è evidente che la materica staticità di una scultura in quanto tale è in antitesi con il movimento.  
  Ricordiamo il tentativo, assunto poi a valore paradigmatico, di visualizzare il movimento in scultura operato da Umberto Boccioni, in Forme uniche nella continuità dello spazio.  

  Ebbene, proprio il coniugare la dimensione della scultura con la dimensione del movimento è la sfida che accoglie e vince l’opera di Vincenzo Avagliano. In Resurrectio l’artista fa vedere il processo del percorso dalla morte alla vita: Cristo si stacca dalla croce e si rivela nelle sue sagome corporee che si succedono l’una dopo l’altra, quasi a mostrare i vari passaggi dell’avvenimento misterioso per eccellenza.  

   Cristo: le braccia aperte in un gesto che dalla crocifissione trapassa nella risurrezione verso la quale Egli procede inarrestabilmente, il polso destro legato al braccio della croce, il polso sinistro che ancora mostra il laccio che lo legava, ma ormai libero e staccato dal legno, le braccia protese in avanti a varcare e superare i limiti della materia, del tempo e dello spazio.  

   Cristo risorge non dal sepolcro, ma direttamente dalla Croce, a sottolineare come per l’Uomo-Dio la morte sia tutt’uno con la risurrezione, in quella inscindibile unità espressa dall’annuncio apostolico delle origini, quando la Chiesa nascente proclamava il cherigma di Cristo-morto-e-risorto.   

   A sottolineare, anche, come dal sacrificio della croce e quindi dalla sofferenza nasca la vita, per se stessi e per gli altri.   

   Nei mosaici di Mirco Ivan Rupnik, dalla Cappella Redemptoris Mater in Vaticano, al Convento delle Orsoline a Verona, la Risurrezione di Cristo, che nell’iconografia bizantina si svolge come Discesa agli Inferi dove il Signore discende per riportare con sé le anime dei giusti, il Cristo, luminoso e carico di vitale energia, si staglia contro il buio fitto che significativamente allude alle tenebre degli inferi. Parimenti il Cristo di Vincenzo Avagliano risorge nella sua imponenza michelangiolesca: una realtà nuova, non pienamente trasfigurata nel corpo di luce e che conserva ancora i segni delle lesioni dove san Tommaso Didimo, il gemello della nostra incredulità, commenta mirabilmente sant’Agostino, pose le sue dita e toccò le trafitture delle ferite.   

   Una materia dove, in un rapporto tumultuoso di chiari e di scuri, la luce combatte con le ombre e vince, affermandosi in un corpo che si staglia contro il suo stesso corpo inchiodato sulla croce, ancora avvolto dal mistero tenebroso della morte.  

   Quel  mistero che permane percepibile nel viso del Cristo, gli occhi socchiusi a guardare indietro, a non dimenticare quelli che rimangono avvolti nelle tenebre e nell’ombra di morte che egli stesso, Uomo-Dio, ha attraversato: “Poiché dunque abbiamo un megas archiereus, un grande sommo sacerdote che ha attraversato i cieli, Gesù, Figlio di Dio, manteniamo ferma  la professione della nostra fede. Infatti non abbiamo un sommo sacerdote che non sappia compatire le nostra infermità, essendo lui stesso provato in ogni cosa, a somiglianza di noi, escluso il peccato. Accostiamoci dunque con fiducia al trono della grazia, per ricevere misericordia e trovare grazia ed essere aiutati al tempo opportuno” (Eb 4, 14-16).

 

 

 

 Con preghiera di citare la fonte in caso di utilizzazione del testo per motivi di studio. 

 

 

 

Pubblicato in Opere

"Comunicare attraverso l'arte" è la chiave interpretativa attraverso la quale Adelaide Trabucco ha presentato i dipinti di Arnaldo Prete e Francesco Zona, due studenti del Liceo Artistico "Andrea Sabatini" di Salerno. La loro insegnante di sostegno, la prof.ssa Gisolfi, è stata l'ispiratrice di un'esposizione ricca di fascino e di suggestione con la quale i due ragazzi, giunti al traguardo del quinto anno, hanno salutato la scuola il 28 maggio 2011 nella Sala Espositiva del Liceo Artistico Statale "Sabatini" diretto dal Preside, prof. Michele Sabino, sostenitore dell'iniziativa. 

   Accompagnato da uno scelto corredo iconografico, lo scritto allegato evidenzia con quanta limpidezza la mostra riveli come l'estrinsecazione della creatività artistica manifesti e assegni un valore aggiunto a soggetti nei quali talvolta rischia di essere offuscata la dignitas della dimensione umana presente in ogni persona in quanto tale. 

 

 

Comunicare attraverso l’arte

 

di Adelaide Trabucco

 

  

 

 

 

 

 

 

 

 L’ostacolo iniziale che incontriamo nei nostri rapporti interpersonali si può riassumere nell’interrogazione: come è possibile comunicare? Arnaldo Prete e Francesco Zona hanno risolto la problematicità della comunicazione umana ponendo in essere una strategia che passa anche attraverso l’arte.

1.       FRANCESCO ZONA: Onde in fiore – 2011 – acrilici su tela

 

La loro esperienza creativa ha contribuito alla realizzazione di opere con una forte carica espressiva, significative di un’identità personale e di un lavoro svolto all’interno di un contesto familiare ricco non soltanto di estremo affetto e attenzione, ma anche di sollecitazioni culturali. Ha parimenti ricoperto un ruolo importante il contesto socio-educativo. Il percorso formativo scolastico di Arnaldo e Francesco si svolge nel contesto del Liceo Artistico Statale “Andrea Sabatini” di Salerno, dove sono stati seguiti dalla loro insegnante di sostegno, la prof.ssa Gisolfi, ispiratrice della mostra che presenta i loro quadri – iniziativa sostenuta dal Preside del Liceo, prof. Michele Sabino.

2. ARNALDO PRETE: Alla ricerca dell’azzurro – 2011 – acrilici su tela

  L’estrinsecazione della creatività rivela e assegna un valore aggiunto a soggetti nei quali talvolta rischia di essere offuscata la dignitas della dimensione umana presente in ogni persona in quanto tale.

   Ricca di fascino e di suggestione, l’esposizione testimonia come l’arte possa diventare il veicolo per la maturazione di attitudini e di competenze che si svolgono secondo percorsi misteriosi e imprevedibili non sempre codificati dalla scienza o semplicemente dall’esperienza, andando oltre le distinte peculiarità corporee o psichiche. 

 

                3. FRANCESCO ZONA: Albero in fiore – 2011 – acrilici su tela   

 

 

   I due allievi, che hanno raggiunto il traguardo della V classe liceale, hanno interagito per la realizzazione delle loro opere in particolare, oltre che con la loro insegnante, con gli insegnanti di Discipline Pittoriche che li hanno accompagnati nel corso degli anni:, senza tralasciare, anzi evidenziando il ruolo fortemente propositivo svolto dal gruppo classe, che li ha accolti, sostenuti e per certi versi coccolati, nonché dal Liceo in tutte le sue componenti.

 

   4. ARNALDO PRETE: L’oro e il bianco – 2011 – acrilici su tela


  
Non è azzardato ipotizzare che la presenza di Arnaldo e Francesco abbia portato negli interlocutori una trasformazione del proprio essere, affinandone la sensibilità e permettendo loro un rapporto il più possibile vicino alla situazione esistenziale dei due ragazzi.

   Sono opere di una grande vivacità e varietà espressive che attraverso un sicuro e innato senso estetico manifestano la gioia della vita e la bellezza e la problematicità dell’adolescenza. Lo riscontriamo nelle opere di Francesco Zona, il quale sembra predisposto verso una pittura puntiforme e grumosa, dove i pigmenti hanno una sorta di golosa corposità nella vivace e variegata formulazione cromatica che definisce con attenzione e forza gli aspetti della realtà che colpiscono l’autore. Francesco si rivela affascinato soprattutto dalla natura: i fiori, indagati non soltanto da lontano, ma anche a distanza ravvicinata, riprodotti con arditi e gioiosi accostamenti di colori freddi e caldi; gli alberi, sui quali risplendono i fiori come piccoli soli; le montagne, scure, ma illuminate dalla neve; e poi ancora il prato, il cielo, le onde, il sole. Degne di attenzione sono le interpretazioni di opere storiche come l’Urlo di Munch, o Notte stellata di van Gogh, o le Composizioni di Mondrian, o il dripping di Pollock, da lui realizzato in una raffinatissima creazione.

 

5. FRANCESCO ZONA: Le gocce – 2011 – acrilici su tela

 

   Parimenti ricca di incanto è la pittura di Arnaldo Prete il quale, nella scoperta e nell’indagine del colore, compie un percorso parallelo a quegli artisti che dal secolo XX indagano sulle componenti strutturali dell’opera, dal segno, alla linea, alla texture, al colore, al gesto. È proprio il metalinguaggio dell’arte che inconsapevolmente attira Arnaldo Prete e lo conduce a campiture monocromatiche dove le variazioni luministiche sono date dallo spessore delle brevi pennellate, accostate l’una accanto all’altra.

 

 

 6. ARNALDO PRETE: Il viola e l’oro – 2011 – acrilici su tela

   O, ancora, porta Arnaldo a scoprire la capacità significativa della larga pennellata che, densa di colore e vibrante, percorre lo spazio seguendo una gestualità espressionistica: nera, fino a coprire quasi il giallo del fondo; o viola, sull’oro che campisce la tela – un nero e un viola che invano tentano di sopraffare il giallo e l’oro della preziosità di vita che è in noi.

  

 

  

 

 

 

Salerno, 24 maggio 2011

 

 


Con preghiera di citare la fonte in caso di utilizzazione del testo per motivi di studio. 


 

 

Pubblicato in Opere

L’articolo pubblicato su Le Arti.news (n. 2-3, Marzo-Aprile/Maggio-Giugno 1984, Anno III) riguarda la mostra “Alfabeti” che presentava le opere di alcuni artisti iai quali Adelaide Trabucco rivolge la sua attenzione – Binga, Cattania, Conte, Varale – i quali privilegiano la comunicazione espressiva attraverso il segno. Gli artisti, pur nella loro individuale originalità, conducono una ricerca che coniuga il segno e/o la scrittura con la pittura.  

   L’esposizione itinerante venne realizzata nel 1984 presso le seguenti Gallerie d'arte: Arti Visive, Roma; La Seggiola, Salerno; Studio 85, Napoli; Centrosei, Bari.

 

 

 

 

 

 Con preghiera di citare la fonte in caso di utilizzazione del testo per motivi di studio. 

 

 

 

 

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Proponiamo lo scritto del catalogo per la scultura dedicata a san Pio da Pietrelcina realizzata nel 2001 da Pier Francesco Mastroberti, medico e artista a tuttotondo, per gli Ospedali Riuniti "San Giovanni di Dio e Ruggi d'Aragona" di Salerno ed ivi collocata. In quello stesso luogo qualche anno prima, la notte del 2 novembre 1995,  Dio operò una miracolosa guarigione per intercessione dell'umile frate cappuccino, destinata a rivelarsi decisiva per la causa di beatificazione del Santo.

 Con preghiera di citare la fonte in caso di utilizzazione del testo per motivi di studio. 

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